Il presidente Cosimo Sibilia al forum del Corriere dello Sport

Cosimo Sibilia, vice presidente della Federcalcio e numero uno della Lega Nazionale Dilettanti, è politico navigato (senatore da due legislature, segretario di Presidenza a Palazzo Madama ed ex presidente della Provincia di Avellino) ed esperto dirigente sportivo: figlio dell'ex patron dell'Avellino, ha guidato in Campania il Comitato Regionale Figc prima e quello Coni poi. «Ma lo sport ha priorità, per me la politica è al servizio dello sport, anche se devo sacrificare molto tempo, togliendolo alla famiglia. E dormo molto poco...», ci spiega durante il forum nella redazione del Corriere dello Sport-Stadio. .

Presidente Sibilia, dopo otto mesi al vertice della Lega Nazionale Dilettanti qual è il primo bilancio?
«Positivo. Ero già tornato nel mondo della Lnd per interessarmi della questione Campania, con molte pressioni da parte di Malagò e Tavecchio. Come presidente Lnd ho avuto una designazione unanime: 23 indicazioni su 23 tra comitati regionali e divisioni. Per candidarsi ne bastano 9... E' motivo di orgoglio, ma anche una grande responsabilità. Oltre un milione e duecentomila tesserati: un esercito che è alla base del calcio, ne è la locomotiva».

Aspettative rispettate?
«Sì, perché ho avuto la possibilità di essere un presidente che decide, come facevo da imprenditore. Ecco perché abbiamo avuto un buon cammino finora. La Lnd ha svolto un ruolo determinante per la rielezione del presidente Tavecchio e la vice presidenza Figc, che è anche un riconoscimento alla mia persona, è un tributo alla famiglia dei Dilettanti».

Nella Lnd c'è una stabilità di governo, nelle altre leghe no. Da cosa dipende?
«Perché in A e in B c'è una questione di carattere economico che divide sempre i club. E poi c'è un aspetto procedurale: il presidente e il consiglio hanno potere fino a un certo punto, le decisioni le prende l'assemblea. E se l'assemblea non si costituisce... Noi invece abbiamo un direttivo che sa decidere».

Sarà il futuro presidente federale?
«Faccio politica da tanto e so come funziona: si entra in conclave papa e se ne esce cardinale... Avere ambizioni è legittimo, ma le ambizioni devono essere suffragate dai risultati. Certo, essere considerato uno dei candidati forti mi riempie di orgoglio ma penso esclusivamente alla mia lega. Del resto, ho declinato la proposta di fare il commissario in B, visto che lo sono già del Comitato Campania, un commissariamento che finirà a fine anno».

Un presidente pro-tempore in Lega A per riscrivere lo statuto: la convince questa soluzione? E' un successo del commissariamento?
«Serve nel più breve tempo possibile una governance democratica. E snella, per avere benefici nella gestione dei diritti tv. In consiglio un rappresentante delle big, uno delle medie e uno delle piccole società. Poi un presidente e un amministratore delegato».

Ha la delega per le riforme. A che punto siamo?
«Nella mia lega le abbiamo attuate: penso alle cinque sostituzioni, alle magliette con il numero fisso già in Terza categoria, che è anche una forma di economia: ognuno si porta a casa la sua maglia e la società risparmia sulla lavanderia. Per le altre riforme serve un interlocutore, cioè un soggetto eletto».

Che calcio immagina?
«Meno club tra i professionisti: il sistema non regge e in Lega Pro c'è chi già a novembre non paga gli stipendi. Per me serve un filtro, un semi-professionismo: per chi viene dai Dilettanti, un "purgatorio" che prepara al professionismo. Immagino una Lega Pro a 36, massimo 40 club, e sotto la C un nostro campionato élite. Con una A a 18 squadre e una B a 18-20».

Dai tempi della sua presidenza dell'Avellino il calcio è migliorato o peggiorato?«Si è passati dall'appartenenza al business. Quando negli anni Settanta l'Avellino salì in B, ci si preparava una settimana intera per l'evento: una provincia piccola come la nostra si sentiva sollecitata e coinvolta. E l'aspetto sociale veniva prima di quello sportivo. Ma i tempi sono cambiati. Se penso a come mio padre trattava con gli allenatori...».

È cambiato il Paese.
«E infatti il momento è difficile non solo per lo sport ma per tutta l'Italia. La Lnd ha perso migliaia di società e io ho voluto che in Terza categoria non si pagasse alcuna tassa al momento della prima iscrizione. I buoni principi non bastano, alla teoria va applicata la pratica».

Come nella politica, anche nello sport c'è distanza tra le istituzioni e il pubblico?«In politica l'eletto deve essere scelto davvero dal popolo: no al maggioritario, per intenderci, sì al nome da scrivere sulla scheda. Nel calcio serve qualcosa del genere. Per riportare la gente allo stadio bisogna creare le condizioni dal punto di vista sociale. Ero relatore della legge sugli stadi anni fa, si arenò perché uno dei partiti alla Camera aveva una forte componente ambientalista e fu posto il problema della cementificazione. Ma un imprenditore perché dovrebbe costruire uno stadio se poi lo utilizza solo un giorno alla settimana?».

L'accordo con Sportradar funziona?«I risultati ci hanno rassicurato, riusciamo a capire i flussi delle giocate e seguiamo la questione con grande interesse. Siamo soddisfatti».

Siete i pionieri delle cinque sostituzioni.«E' una riforma già al vaglio dell'International Board. Non abbiamo allungato le panchine a livello regionale, ora dobbiamo capire come funziona ma questa svolta ci piace».

L'altra novità è l'accordo con le assicurazioni Generali.«Per l'assicurazione di ogni tesserato sono due euro risparmiati, parliamo di 1,7 milioni di euro l'anno, a parità di prestazioni e condizioni».

Dagli under obbligatori alle rose a 25: quale modello la convince di più per valorizzare i giovani italiani?«A me interessa che giochino i giovani: mi piace l'esempio di Vardy, partito dai dilettanti e arrivato a vincere la Premier con il Leicester. I metodi poi sono tutti ben accetti: di sbagliato c'è solo lasciare il progetto sulla carta. Devono giocare i giovani, che impegnano anche meno sul piano economico. Se penso che in Campania ci sono squadre di Eccellenza che spendono centinaia di migliaia di euro, poi non vincono il campionato e non si iscrivono...».

Però ci sono regole così diverse dalla D alla Serie A in fatto di rose e under.
«Serve un sistema virtuoso regolato da una regia. Con norme chiare per alleviare le società dalle fatiche organizzative».

Come si tutelano i giovani arbitri sui campi di provincia?
«Ci sono stati molti episodi di violenza, sorprendentemente non al Sud ma in regioni come Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto. Sul piano formale ho fatto sentire la mia vicinanza partecipando al raduno di Sportilia. Sul piano pratico, servono corsi per sensibilizzare i dirigenti. Il problema è anche l'età media troppo bassa: a vent'anni si arbitra con due-tremila tifosi sugli spalti. Fortuna che c'è un filtro almeno per gli arbitri: le gare regionali, gli scambi interregionali fino alle gare di D».

Le sue tre mosse per migliorare il calcio?
«Primo: l'impiantistica. Sono appena stato a vedere lo stadio del Leganes, un gioiellino per undicimila spettatori: lì c'è voglia di investire, anche perché il club prende 40 milioni dai diritti tv. Secondo: la questione della governance delle leghe. Meno litigi per dirimere con facilità le questioni. Terzo: riportare la Lnd a essere, oltre l'azionista di riferimento della Figc con il suo 34% di voti, il punto di riferimento di tutto il mondo calcistico. Io ci credo molto e mi aspetto grandi risultati».

È favorevole allo stadio della Roma. E di Napoli cosa pensa?
«Al San Paolo la partita non si vede bene, bisogna telefonare a casa per farsi dire cosa è successo in campo... De Laurentiis ha ragione sulla questione stadio. E andrebbe recuperato il Collana, storico impianto al Vomero, che è come il Flaminio per Roma: speriamo di farlo con i fondi delle Universiadi. A proposito: non avere voluto le Olimpiadi a Roma è stata una follia».

Si farà in tempo a riscrivere la legge Melandri sui diritti tv?
«E' complicato ma auspico di sì. Dipende da quando si chiuderà la legislatura».

Chi sarà il candidato premier del centrodestra?
«L'unico a tenere tutti insieme è sempre Berlusconi. Vi indico due nomi: Antonio Tajani e Mara Carfagna, due profili moderati e preparati».

Farebbe il ministro dello sport?
«(sorride) Dico solo che sono felice di fare il presidente del mondo dei Diletta

 
Fonte: Corriere dello Sport del 6 settembre 2017. Intervista di Biagio Angrisani ed Ettore Intorcia. Foto Credits Bartoletti